A causa della perdita del lavoro, molte famiglie italiane si sono trovate nell’incresciosa condizione di non riuscire più a far fronte a tutte le spese, soprattutto per chi ha sulle spalle un mutuo. In alcuni casi, per paura di ritorsioni da parte della banca e quindi di perdere la propria abitazione, optano per la soluzione che apparentemente sembra meno gravosa, trascurando quindi le spese per il condominio. In realtà, anche il mancato rispetto degli oneri condominiali comporta dei grossi rischi: esiste infatti la Legge 220/2012, denominata anche “Riforma del Condominio”, che riconosce all’amministratore il diritto di intraprendere una procedura esecutiva, attraverso vie legali, allo scopo di recuperare il credito in caso di condomini morosi.
Cosa avviene in caso di mancato pagamento delle spese condominiali
Innanzitutto, la procedura di recupero del credito da parte dell’amministratore o di un avvocato che rappresenti il condominio ha inizio con l’invio di una messa in mora per raccomandata al condomino insolvente, con la quale quest’ultimo viene sollecitato al pagamento dell’importo dovuto entro un termine stabilito. In caso di mancato riscontro da parte sua, la controparte può fare richiesta di un’ingiunzione di pagamento presso il Tribunale o il Giudice di Pace (a seconda dell’entità del debito). In questo caso, il moroso ha 40 giorni di tempo per saldare il proprio onere (a meno che non si tratti di un decreto ingiuntivo esecutivo, che gli impone il pagamento immediato); superata questa soglia di tempo senza alcun esito, il condominio ha il diritto di procedere con l’esecuzioneforzata.
Esecuzione forzata: le alternative
Nel momento in cui l’esecuzione forzata entra in atto, il creditore ha tre possibilità per recuperare quanto dovuto, che sono applicabili a seconda dell’ammontare del credito e dello stato patrimoniale dell’esecutato:
Pignoramento mobiliare: è la forma che implica la confisca dei mobili o degli oggetti di valore appartenenti al debitore, come i dispositivi elettronici, i gioielli, i quadri e gli elettrodomestici, ad eccezione di quelli necessari per il sostentamento del proprietario. L’entità di tale pignoramento dipende dal valore complessivo dei beni che, una volta messi in vendita, debbano coprire l’intero importo dovuto (a cui vanno tra l’altro aggiunti i costi procedurali).
Pignoramento presso terzi: si tratta di una forma di confisca che va ad interessare eventuali crediti che il debitore gode nei confronti di terzi. Il linea di massima, questa tipologia riguarda stipendi, pensioni oppure somme di denaro ricevute sul conto corrente. Nel caso di pignoramento dello stipendio, sarà lo stesso datore di lavoro a corrispondere direttamente al creditore una somma mensile, che non deve però superare un quinto della retribuzione, finché il debito non sarà completamente estinto.
Pignoramento immobiliare: questa forma, ormai tristemente nota, implica il pignoramento dell’abitazione con la conseguente vendita all’asta e lo sgombero a carico dei proprietari. Il pignoramento immobiliare viene applicato in circostanze in cui il debito è particolarmente consistente e le altre due forme di pignoramento non sono in grado di soddisfare totalmente la richiesta del creditore; tuttavia non è da escludere che possa essere messa in atto anche in presenza di debiti esigui. Il pignoramento immobiliare, oltre ad essere la forma più grave, è anche la più complessa, non solo dal punto di vista giudiziario, ma anche perché, in caso di mutuo in corso, la banca rientra come parte in causa, rivalendo il diritto di priorità sulla vendita dell’immobile anche qualora l’esecutatofosse in regola con il pagamento.
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